di Rosario Sapienza
Il 10 gennaio 2013 il Presidente della
Commissione José Manuel Barroso e
la
Vicepresidente Viviane Reding, il Primo Ministro irlandese
Enda Kenny e il Ministro irlandese per gli Affari europei Lucinda Creighton
hanno inaugurato l'Anno europeo dei cittadini 2013 nella Rotonda del palazzo
comunale di Dublino.
Per le celebrazioni
dell'Anno europeo dei cittadini, nel 2013 è stata organizzata in tutta l'Unione una serie di
manifestazioni, conferenze e seminari a livello dell'Unione e in ambito
nazionale, regionale e locale. In
preparazione dell'Anno europeo la Commissione ha condotto, tra il 9 maggio e il 9
settembre 2012, un’ampia consultazione pubblica per rilevare i problemi incontrati dai cittadini nell'esercizio
dei diritti legati alla cittadinanza europea. Dalle
risposte emerge chiaramente l'importanza che i cittadini attribuiscono ai
diritti di cui godono nell'Unione europea, specialmente alla libera circolazione e ai diritti politici. Gli interpellati vorrebbero
un autentico spazio europeo in cui poter vivere, lavorare, spostarsi, studiare
e fare acquisti senza trovarsi di fronte a ostacoli burocratici o
discriminazioni. Tuttavia, resta del cammino da compiere: i cittadini hanno
evidenziato svariati problemi, soprattutto la difficoltà di far rispettare i
diritti dell'Unione a livello locale; la Commissione tratterà la problematica nella
prossima relazione sulla cittadinanza dell'Unione, la cui pubblicazione è
prevista nel corso del 2013.
La cittadinanza europea – che integra e non
sostituisce quella nazionale – conferisce a tutti i cittadini dei 27 Stati
membri dell'Unione una serie di diritti supplementari. Il cittadino dell'Unione
ha il diritto di votare e candidarsi alle elezioni amministrative ed europee
nello Stato membro in cui risiede, gode della tutela consolare delle autorità
di un qualsiasi Stato membro se il suo Stato non è rappresentato all'estero,
può presentare una petizione al Parlamento europeo, rivolgersi al Mediatore
europeo e, dal 2012, partecipare a un’iniziativa dei cittadini europei.
Dalla cittadinanza europea
derivano certamente molti diritti, di cui non sempre siamo consapevoli. Ad esempio, la libertà di circolazione è il diritto più apprezzato derivante dalla cittadinanza. Ogni anno i cittadini europei compiono infatti
più di un miliardo di spostamenti nell'Unione e sono sempre più numerosi quelli
che esercitano il diritto di vivere in uno Stato membro diverso dal proprio. Eppure, sebbene oltre un terzo dei lavoratori (35%) sia pronto a
prendere in considerazione un impiego in un altro Stato membro, quasi una
persona su cinque ritiene che, all'atto pratico, vi siano ancora troppi
ostacoli. Insieme alle difficoltà linguistiche, il principale scoglio al
pendolarismo transfrontaliero è la carenza cronica di
informazioni.
Così, in estrema sintesi, la cronaca dei
fatti recenti, ricostruita sulla scorta dei comunicati stampa. Da essa sembra
ricavarsi che la cittadinanza europea sia una condizione dalla quale deriva il
riconoscimento di diritti ai “cittadini” europei.
La
mia impressione è invece che i diritti, o meglio la loro protezione, siano ormai
scollegati dalla tematica dell’identità e della cittadinanza. Come si sa, nel modello tradizionale recepito anche dal
diritto internazionale, la cittadinanza esprime quel nesso tra un individuo e
uno Stato che rappresenta il presupposto per il godimento delle libertà
fondamentali. Dunque è corretto affermare che in questo modello esiste un nesso stretto tra la condizione di
cittadino e il riconoscimento di diritti. E ben si comprende come su questa
realtà si innestino anche dinamiche volte alla costruzione di identità
nazionali.
Orbene questo modello è da tempo
entrato in crisi così come è entrato in crisi lo Stato-nazione, in quanto
comunità basata sulla identificazione dello Stato con la nazione, per cui i
cittadini di uno Stato sono gli appartenenti alla comunità nazionale che si
esprime e si organizza attraverso quello Stato. Oggi assistiamo sempre di più
in Europa al costituirsi di società multietniche, a motivo dell’intensificarsi
di fenomeni migratori dovuti alla globalizzazione (ma le migrazioni ci sono
sempre state per la verità), e dunque al consolidarsi di un differente modello
di Stato e in genere di organizzazione dei rapporti politici tra gli individui
e lo Stato: quello del riconoscimento dei diritti umani a tutti coloro che si
trovino “within the jurisdiction” (così recita l’articolo 1 della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo ed anche gli altri trattati sui diritti dell’uomo
con comparabili formulazioni).
La cittadinanza non è più dunque un
elemento determinante per il riconoscimento dei diritti, anche se ancor oggi
molti diritti vengono riconosciuti solo ai cittadini (per esempio quelli di
elettorato alle elezioni politiche). Anche su questo versante osserviamo
comunque in atto interessanti movimenti e trasformazioni volte alla
parificazione, per quanto possibile, dei diritti degli stranieri a quelli dei
cittadini.
In quest’ottica, il tema della
cittadinanza europea, pur interessante in quanto pone il problema difficile, ma
ineludibile, del superamento della cittadinanza nazionale in favore di un
legame con l’entità più ampia e comprensiva rappresentata dall’Unione europea,
appare inevitabilmente datato proprio nel suo tentativo di voler costruire un
nesso individui-entità politica di appartenenza in una logica ormai in via di
superamento quale appare quella della cittadinanza.
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