sabato 24 novembre 2012

Catalogna e Scozia: verso l'indipendenza?

di Rosario Sapienza

 Maturano sviluppi interessanti per le autonomie europee, sia in Spagna che nel Regno Unito. In Spagna, domenica 25 novembre i catalani tornano alle urne per una consultazione elettorale anticipata, voluta dal governatore Artur Mas di  Convergencia i Uniò,  il partito nazionalista cattolico dello storico leader Jordi Pujol che alla sua guida governò dal 1980 ininterrottamente per ventitré anni. Nel Regno Unito, lo Scottish National Party di Alex Salmond prepara per il 2014 un referendum per l’indipendenza della Scozia, con l’assenso di Downing Street.  

Il motivo per cui Mas porta la Generalitat Catalana a queste elezioni è l’interruzione del negoziato con il governo centrale di Mariano  Rajoy, del PPE (il Partito Popular Espanol, storicamente ispirato a una filosofia di governo centralista) sulla autonomia fiscale della Catalogna che, già dotata di importanti poteri autonomistici, aspira ora alla piena disponibilità della leva fiscale. Insomma chiede che i soldi dei Catalani restino a Barcellona.

D’altra parte, e comprensibilmente,  Rajoy, sotto esame per ottenere una ulteriore tranche di aiuti europei,   non può permettersi di largheggiare proprio  sulle imposte e dunque tiene la posizione.

Ma la Catalogna scalpita, forte della sua posizione economica (da sempre è  considerata uno dei motori dell’economia europea) e di un diffuso sentimento popolare sempre più favorevole all’indipendenza. Lo scorso 12 settembre, due milioni di catalani hanno manifestato a Barcellona per chiedere a gran voce l’indipendenza dal governo di Madrid.


Per comprendere meglio quanto sta accadendo può essere utile ricordare che la Costituzione Spagnola permette la craezione di Comunità Autonome, dotate di ampi poteri per la gestione dei loro territori e la Catalogna è appunto una di esse, fondando le sue pretese autonomiste su ragioni storiche perché essa fu indipendente da Madrid fino alla fine del secolo XV  facendo parte dei possedimenti di  Ferdinando, re di Aragona e Catalogna, e l’unione con Madrid si deve appunto al suo matrimonio con  Isabella di Castiglia, che realizzò la fusione sotto un'unica corona dei due regni più importanti della penisola iberica.

Il 18 giugno 2006, un referendum popolare ha approvato un nuovo Statuto di autonomia che dota  la Generalitat Catalana di maggiori poteri rispetto al vecchio Statuto del 1979. Si tratta di un documento assai esteso e complesso (oltre duecento articoli) e mostra la chiara volontà dei suoi redattori (nonostante alcuni interventi correttivi in sede di riconoscimento nazionale) di accentuare la dimensione identitaria dell’ autonomia, a cominciare,  per esempio, dalla parificazione della lingua catalana a quella castigliana o dal riconoscimento di diritti individuali non contemplati dalla Costituzione Spagnola, o ancora il rafforzamento dell’autonomia giudiziaria rispetto al sistema nazionale spagnolo.

Lo Statuto è poi particolarmente innovativo proprio in riferimento alle problematiche fiscali, rafforzando la capacità decisionale delle  autorità catalane in materia. E proprio sull’ attuazione di questa parte del documento si è arrivati allo scontro con il governo di Madrid.

Diversa, ma ugualmente interessante la vicenda scozzese. Alex Salmond   ha incassato  recentemente  l’assenso del premier britannico Cameron a un referendum sulla indipendenza della Scozia da tenersi nell’autunno del 2014. La Scozia dunque potrebbe, da quel momento, pur tra non poche difficoltà di carattere costituzionale e politico,  diventare indipendente dal Regno Unito pur restando, pare, un membro del Commowealth. Questo è, del resto, un punto centrale nel programma politico dello Scottish National Party, guidato appunto da Alex Salmond, che ha vinto le elezioni del 2011.

La Scozia gode già di una notevole autonomia nell’organizzazione costituzionale del Regno Unito. Ma forse non tutti sanno che il tema dell’autonomia scozzese, pur avendo solide radici risalenti nel tempo, è diventato attuale solo da qualche tempo. Le prime elezioni per il Parlamento Scozzese si sono infatti tenute solo nel 1999 (benché, come qualcuno ricorda, gli Scozzesi abbiano avuto un loro parlamento fino al 1707).

L’autonomia della Scozia all’interno del Regno Unito, che ha indubbiamente ricevuto grande impulso dalla scoperta negli anni settanta di importanti giacimenti petroliferi al largo delle sue coste, è dunque una vicenda relativamente recente.

L’intero dossier della indipendenza scozzese è stato gestito con un certo imbarazzo da Downing Street, che sembra però aver preso adesso l’iniziativa, offrendo in alternativa all’indipendenza, la cosiddetta “devo-max” ossia una devoluzione di poteri ben maggiore di quanto fino ad adesso concesso, inclusa una piena autonomia finanziaria e tributaria. Il governo scozzese è apparso incline a far valutare la proposta dal referendum in programma.

In entrambi i casi, dunque, sembra che la richiesta di indipendenza sia un elemento di un braccio di ferro volto ad ottenere la piena autonomia fiscale agitando lo spauracchio della scelta più radicale. Sono comunque sviluppi che meritano attenzione.





martedì 13 novembre 2012

A un anno dalla scomparsa di Marcello Palumbo, un grande europeista

di Rosario Sapienza     

      Da poco più di un anno Marcello Palumbo ci ha lasciato. Se n’è andato nel mese di settembre del 2011, prima di compiere il novantunesimo compleanno (era nato a Napoli nel 1920) e di poter celebrare il cinquantesimo anniversario della “sua” Associazione dei Giornalisti Europei (della quale fu fondatore e primo segretario generale).
    Non amo in genere le commemorazioni e i necrologi. Credo infatti che ognuno di noi debba custodire dentro di sé il ricordo delle persone care e che il tempo dedicato al ricordo del passato sia  sottratto all’oggi e alla progettazione del futuro.
   Ma sento il dovere di ricordare un amico e un maestro, di giornalismo, di europeismo, di vita. Da lui ho appreso il mestiere di giornalista (che ho praticato per tanti anni) e  la curiosità per la vicenda europea, che mi ha sorretto e ispirato nella mia ricerca accademica. Non sono invece riuscito a far mio quel misto di nettezza e di  garbo  che lo caratterizzava e che faceva sì che i suoi commenti, anche duri e critici, non riuscissero mai sgraditi a chi ne era il destinatario.
    Lo incontrai per la prima volta nel 1975 a Lovanio, dove entrambi ci eravamo recati per prendere parte al secondo congresso europeo degli exallievi salesiani, il primo dedicato alla costruzione dell’Europa unita. E poi, negli anni, la consuetudine di un’amicizia, sempre deferente da parte mia, sincera e schietta  da parte sua, nonostante ci dividessero oltre trent’anni e un abisso incolmabile quanto a professionalità ed esperienza.
    Marcello Palumbo era stato tra i primi in Italia ad appassionarsi all’ideale europeista ed era stato presente alla firma in Campidoglio dei Trattati di Roma. E all’Europa aveva dedicato per anni la sua attività sia di giornalista che di editore, con la celebre Agenda Europea, un must per chi negli anni sessanta e settanta si occupava di cose europee.
    Anche in questi ultimi anni aveva continuato la sua militanza europeista ,che gli era valsa tanti riconoscimenti (da ultimo nel 2005 il premio di giornalismo “Kostantinos Kalligas” a Patrasso), anche se  gli era toccato in sorte di vedere il progetto europeista avvitarsi tra mille difficoltà e sempre ricominciare il suo accidentato cammino. A noi che restiamo lascia l’esempio di un ideale coltivato e perseguito con l’impegno di una vita, cosa ormai assai rara. Ciao Marcello!